Il contesto della casa

Casa è un mobile pieno di fotografie, sono colori che si sussueguono e si accompagnano negli arredi formando un equilibrio anche involontario. Casa è il gatto che si muove senza spostare un oggetto, conoscendo ogni nascondiglio ed ogni possibile percorso.

 

Casa è una stratificazione di tracce di chi è passato di lì, anche col pensiero di una cartolina o di una calamita proveniente da un viaggio di un amico.

Casa sono le note di una musica defaticante da ascoltare dopo una giornata di lavoro o la tv che accompagna e scandisce i tempi delle persone. 

Non si entra in casa senza invito, ma ci sono luoghi in cui essere accolti è più semplice e sentirsi a casa è immediato.

Nel mio mestiere, nella maggior parte dei casi, le persone si presentano sulla soglia di una porta, ma si imparano a conoscere dietro ad una scrivania, che protegge entrambi, che crea una distanza necessaria e utile per il lavoro che si costruirà insieme.

Parte del mio lavoro in questi ultimi due anni è stato accompagnare alcune famiglie in un percorso di accoglienza di giovani ragazzi stranieri, precedentemente residenti in comunità per minori. Oggi sono stata invitata in alcune delle loro case.

Ed è proprio in queste ore che il concetto di casa e di accoglienza hanno cominciato a sovrapporsi, fino a perdere i confini. La casa non è più, come in un disegno di bambini, una forma che contiene e che separa dal mondo esterno, ma è talmente piena di amore che non è più possibile racchiudere tutto in quattro mura.

Mi ritrovo dunque a pensare a quel momento in cui un ragazzo marocchino, pakistano o gambiano ha allungato il passo e ha varcato la soglia di quella porta, ha turbato gli equilibri esistenti e ha sconfinato nell’esistenza di un bambino di due anni o di un uomo di sessanta. Quanto tempo è trascorso prima che potesse davvero sentirsi a casa? Quanto coraggio è servito per scegliere di cambiare domicilio e compagni di viaggio? Quanti battiti cardiaci al minuto risuonavano all’ingresso di quella porta, tra chi la apriva e chi entrava?

Oggi, dopo tanti appuntamenti (dietro la scrivania) e tante parole, ho potuto osservare gli esiti di alcuni percorsi, associare ai volti un contesto, una cornice e vedere le persone dentro quel quadro, muoversi in maniera disinvolta. Relazioni che sono diventate solide come le mura della casa, ma al tempo stesso semplici.

Ecco, la facilità è disarmante, soprattutto per chi di mestiere è abituato ad ascoltare i problemi e le preoccupazioni. La facilità di sentirsi accolti, l’ospitalità come un fatto naturale, la condivisione degli spazi come un piacere… è quello che le persone che ho incontrato oggi mi hanno trasmesso.

Questo è il progetto Welchome, promosso dal Comune di Modena e dalle associazioni di volontariato con cui collaboro. Di seguito il link ad una breve presentazione e ai contatti utili alla partecipazione.

https://www.comune.modena.it/welfare/immigrati/progetti-e-interventi/progetto-welchome-accoglienza-in-famiglia-di-minori-stranieri-non-accompagnati-e-minori-richiedenti-asilo

fonte articolo

Il progetto WelcHome è promosso dal

con il contributo della

e in collaborazione con

Il presente sito web è stato realizzato grazie al contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

e rientra tra le azioni del progetto Welchome 2.0 promosso dalle associazioni della rete.
(Clicca qui per vedere l'elenco delle associazioni)